Padre Vito: un cuore puro per arrivare alla santità
I santi non sono lontani, né irraggiungibili, né immaginette da tenere accanto. Sono anime che parlano ancora oggi, luci che irradiano l’amore di Dio, “fratelli e sorelle – aveva detto Papa Francesco lo scorso anno all’Angelus – che hanno ammesso nella loro vita di avere bisogno di questa luce divina, abbandonandosi ad essa con fiducia”. Più volte Francesco ha invitato a guardare ai “santi della porta accanto”. Coloro che ci camminano vicino, accarezzano la nostra vita portando la grazia del Cielo, capaci di “amare con l’amore incondizionato del Signore”: ha scritto il Papa nella Gaudete et exsultate, l’Esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. Proprio in questo testo, Francesco ricorda che “la santità è il volto più bello della Chiesa”
Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”.
I santi della porta accanto sono pure tanti giovani, come Carlo Acutis beatificato recentemente, che hanno vissuto una relazione profonda con Gesù. Tra di loro anche la Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo per la quale è in corso il processo di beatificazione. Chiara muore, vicino Roma, a 28 anni per un tumore alla lingua, muore “in perfetta letizia” – raccontano i suoi più cari amici – al suo fianco ci sono il marito Enrico Petrillo, il loro bimbo Francesco e padre Vito D’Amato, il francescano che li ha visti maturare come coppia, che ha vissuto ogni momento della vita di Chiara ed Enrico anche il lutto per la perdita di due bambini appena nati, Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, accettati nel loro limite e nel loro slancio di vita eterna. Un’esperienza che per padre Vito ha significato molto, lo ha trasformato, afferma, in “un sacerdote cristiano”:
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R. – Per me l’incontro con Chiara ha significato quello che significa ogni incontro nella nostra vita. Ha significato volersi bene, amarsi, soffrire, sbagliare, questo è stato da un punto di vista umano. Come cristiano ha significato incontrare l’opera di Dio e vedere come Lui opera nella vita di una persona, delle persone. Vedere dove può portare un uomo e una donna, quali le mete da raggiungere, cosa fargli vivere.
E’ una Santità che in un certo modo ha anche interrogato la tua chiamata, la tua vocazione? Ti ha messo in crisi vedere concretamente che cosa può nascere da un sì incondizionato?
R. – Penso che se si fa un incontro vero, questo ti mette sempre in crisi, perché se si riconosce un’opera di Dio questo ci deve mettere in crisi. Dio è sempre oltre quello che pensiamo di lui, oltre quello che pensiamo di aver acquisito su di lui. E quindi sì! Io penso di essere diventato – lo dico scherzosamente – un cristiano con Chiara, ho visto che cos’è la vita eterna e che è questa relazione che noi abbiamo ricevuto nel Battesimo. Nel Sacramento il Signore ci ha raggiunti in quella lontananza che avevamo da lui. E’ questa relazione che resiste attraverso le vicende di questo mondo, con il loro carico di sofferenza, di peccato e anche di morte e che non ci tolgono il rapporto d’amore con Lui. Magari ero simile ad un sacerdote “pagano” che dava delle regole per raggiungere Dio e invece ora sono un sacerdote cristiano che scopre che Dio che ci ha raggiunti e questa relazione non è mai messa in pericolo da niente, né dalla sofferenza, né dal peccato e né dalla morte, se tu non lo vuoi.
Nel momento in cui vivevi insieme a Chiara ed Enrico, ad esempio le perdite dei bambini, la malattia di Chiara stessa, sentivi in questo un seme di santità? Avvertivi che c’era qualcosa che andava al di là?
R. – E’ proprio lì che lo abbiamo sentito perché abbiamo fatto esperienza di questa vita eterna. Se Chiara è considerata santa, ed è santa, penso che sia perché i figli sono santi, sono stati proprio quei due bambini che ci hanno fatto fare un’esperienza di Dio e della vita eterna. Come dice anche Chiara, quel tempo che abbiamo passato insieme non è stato poco, è stato pieno, pieno dell’amore che ci siamo scambiati e noi abbiamo scoperto che cosa fosse la vita eterna proprio in quei momenti drammatici. Ci saremmo aspettati che quei momenti così drammatici fossero solo drammatici e invece sono stati dei momenti di grazia che ci hanno fatto vedere un altro mondo.
Chiara ed Enrico insieme al piccolo Francesco salutano Benedetto XVI
Ti stupisce oggi vedere tutta questa attenzione nei confronti di Chiara e anche i tanti frutti che ha generato la sua vita, la sua morte, la sua testimonianza?
R. – Sì mi stupisce per la risonanza mondiale e anche per i frutti che genera che sono sempre tanto diversi, tanto tanto vari. Ci sono persone molto lontane che sono state catturate dalla storia di Chiara, scelte che sono maturate conoscendo la storia di Chiara e mi stupisce che tutta questa grazia sia passata attraverso questi semini, come dice il Signore, di senapa che sono state le scelte quotidiane che Chiara ed Enrico facevano e facevamo insieme. Sono cose vissute anche nell’oscurità di una vita normale, di una coppia e che hanno poi questa portata universale, che sono valide per tutti gli uomini, per tutte le donne a qualunque latitudine. E’ molto bello vederlo.
Papa Francesco insiste molto sui “santi della porta accanto”, forse anche Chiara può essere definita così pur nella sua specialità dovuta al fatto di essere considerata la nuova Gianna Beretta Molla. E’ così difficile comprendere che i santi non sono supereroi, come dice il Papa, e perché secondo te fa tanta paura questa strada e non se ne vede la ricchezza?
R. – Io penso che la festa di Tutti i Santi e questi santi dei nostri tempi ci aiutino molto a riflettere anche sulla proposta che noi facciamo come Chiesa, con la nostra evangelizzazione. Che cosa proponiamo noi alle persone? Che cos’è la vita eterna? Proponiamo un premio da raggiungere attraverso una serie di regole, di precetti, di istruzioni per arrivare ad un ipotetico Paradiso dopo la morte che nessuno ha mai visto? No! Per noi cristiani la proposta non è questa. La vita è una nuova relazione con Dio, con il Padre e quindi propormi: “tu vuoi essere felice qualunque cosa ti accada?” E’ sentirsi al centro di questo amore che ti ha creato, con il Signore che ti sta riportando a se. E chi non vorrebbe essere felice? Chi non vorrebbe sentirsi amato, ma di questa felicità che è anche oltre il tempo. Noi certe volte proponiamo la vita cristiana come metodo per vivere bene a questo mondo, per andare d’accordo col marito, per vivere bene il lavoro ma è riduttivo della vita cristiana. Penso che i santi della porta accanto non sono santi perché vivono accanto a noi, anzi tante volte l’esperienza che facciamo nei condomini non è proprio della santità di quello che ci vive a fianco. No, il santo della porta accanto è la santità di chi attraverso la vita, simile o uguale alla nostra, con gli errori e anche con i peccati, con le sofferenze ma attraverso questa vita ci fa vedere una relazione con Dio, ci fa vedere un amore dal quale si sente circondato, che non è astratto ma che passa attraverso la quotidianità della vita e quindi mi sembra che questo possa affascinare, anzi affascina. Chi non vorrebbe una cosa così. Chi potrebbe rifiutare una cosa così. Poi ovvio che i santi fanno anche delle cose eroiche ma perché appunto, sentendoti amato ti sparisce la paura, la paura di soffrire, la paura che ci impedisce di fare delle cose che sappiamo essere le cose migliori da fare o le cose più giuste da fare.
Qualche settimana fa è stato beatificato Carlo Acutis, un giovane proprio dentro al suo tempo, appassionato di internet, il Papa lo ha chiamato il “beato millennial”, un ragazzo animato proprio dall’amore di Dio, un esempio di giovane santo dei nostri giorni come Chiara Corbella come Chiara Badano come tanti altri. E’ una santità possibile?
R. – Certo! Il santo della porta accanto sono questi santi e questo significa che lo Spirito Santo non è andato in vacanza ma opera nella vita delle persone, nella vita quotidiana proprio delle persone, di chi ci vive accanto. Che cos’è che fa lo Spirito Santo? Apre ad una relazione, apre ad un incontro, quindi unisce anche noi con lui, tra di noi e questo fa essere queste persone amate e amabili anche da chi li incontra in qualunque tempo della loro vita, anche dopo la morte. Quando si incontra Chiara, quando si incontra Carlo Acutis, se non vieni offuscato da altre cose, ti senti amato anche tu. A volte ci immaginiamo la vita dei santi, conosciamo Carlo Acutis che ha detto che l’Eucaristia è l’autostrada per il cielo, ce lo immaginiamo a mani giunte, 3 ore al giorno in ginocchio in chiesa, ma non era così! Era che l’Eucaristia che lui faceva tutti i giorni penetrava tutti i gesti che faceva, anche stare su un computer, come fanno tanti adolescenti, ma lui c’è stato in un altro modo. Per Chiara tutte le donne hanno dei figli, per Chiara quei figli sono diventati un modo per relazionarsi con Dio, con l’Eterno.
Tu segui tanti ragazzi, tante coppie sei sempre in mezzo ai giovani grazie anche alla vostra spiritualità francescana che tanto affascina i ragazzi di oggi che cercano risposte all’insofferenza, all’inquietudine, alle domande alle quali non trovano risposta. Che augurio vuoi fare per la questa festa pensando anche tanti percorsi diversi che hai incrociato, alle vite di questi ragazzi così differenti?
R. – Auguro a tutti un cuore puro, quel cuore che non ha il dubbio sulla bontà di Dio. Il Vangelo che leggiamo nella Solennità di tutti i Santi dice “beati i puri di cuore perché vedranno Dio”, perché senza questo veramente si possono vedere ovunque le opere di Dio e comunque si aiuta gli altri a vederlo anche proprio dove la voce del nemico ci dice che non c’è. Credo che Francesco sia stato quest’uomo che ha purificato il cuore e quindi poi lo ha visto in tutte le cose, Credo che Francesco abbia veramente tanto ancora da dire ai cristiani perché veramente cristiano. Che cosa ha fatto Francesco e tutti i Santi quando diciamo che sono santi? Pensiamo alle opere e non ci domandiamo che cos’ha fatto Dio con loro? Francesco non ha fatto un ospedale, non ha fatto una scuola, non ha fatto neanche un ordine religioso, alla fine ci regala questo modo di relazionarsi con Dio e per questo è un benefattore dell’umanità perché questa alla fine è la vita eterna. E’ la relazione con un Padre che provvede a tutto, per cui la nostra povertà diventa la nostra più grande ricchezza perché ci mette in una dipendenza meravigliosa da questo Padre.
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